La prestazione di lavoro sulle linee di montaggio 1


– Prima parte –

   Premessa   I principali problemi esistenti    Problemi di linguaggio  Il concetto di linea di montaggio

   Definizione – Linee a trazione meccanica – CCNL

   La cadenza – Il tempo ciclo

   La curva del rendimento biofisiologico del lavoro

   Cadenza media e massima

   FIAT – Le saturazioni sulle linee (Accordi)

   La saturazione individuale massima istantanea

   Le fermate tecniche

   La saturazione individuale media   La saturazione media di gruppo   Bilanciamento e Saturazione   Numero minimo di operai occorrenti

   Graf. 1 – N° minimo operai da formula

   Graf. 2 – Distribuzione reale attività

   Graf. 3 – Distribuzione come da accordo

   Graf. 4 – Verifiche sui T.A. e T.T – FR limite

   Graf. 5 – F.R. limite – da minori a uguali

   Graf. 6 – F.R. superiore a FR limite 

    Graf. 7 – Bilanc. correttamente impostato

 

 

Premessa

Nella produzione di serie, il lavoro “in linea” è largamente diffuso ed in molti stabilimenti viene inserito, si espande o si trasforma anche radicalmente, a fronte delle innovazioni tecnologiche e di processo che possono realizzarsi.

Dai semplici nastri trasportatori che portano il semilavorato da una postazione di lavoro alla successiva, ai grandi impianti per la produzione automobilistica, i carrelli su binari  del macello di Cicago, che hanno ispirato e convinto Henry Ford e collaboratori nel 1913 a sperimentare in officina il concetto del lavoro portato agli uomini e non il suo contrario, ha avuto uno sviluppo immenso, contaminando  il mondo della produzione e trasformando la condizione della vita di lavoro di milioni di uomini, i livelli di produttività e di profitto delle imprese, la cultura di tutto il mondo industrializzato. 

Ogni settore merceologico, o.d.l., e ciclo di lavorazione ha sue specifiche particolarità, è quindi compito dei diretti interessati, operai, tecnici, R.S.U., R.L.S. e gestori, contribuire alla definizione della o.d.l. nel suo insieme, e stabilire il sistema di regole per normare i problemi presenti e le particolarità, originali e diverse, realtà per realtà.

 

 

 

I principali problemi esistenti  

Lavorare in linea di montaggio è diverso da ogni altra attività in officina e molti sono gli indicatori per leggere la condizione di disagio e di faticosità; ad ognuno di questi ogni lavoratrice ed ogni lavoratore attribuisce valenza diversa.

Ritenendo utile un’elencazione, e recuperando quanto l’esperienza diretta ha insegnato, i principali disagi sono:

Il carico di lavoro da intendersi come quantità di gesti da compiere e di sforzi da applicare.

Il carico di lavoro da intendersi come “qualità” dei gesti o atti da compiere; es. prevalenza o meno di sforzi concentrati, prevalenza o meno di microgestualità, prevalenza o meno di grado di attenzione o di sforzi visivi per controlli, ecc.

La carente ergonomia della postazione di lavoro globalmente intesa.

L’affollamento, da intendersi come alta densità nel rapporto tra postazioni di lavoro utili e lavoratori posizionati, non come dato medio dell’intera linea ma specifico di ogni tratto e di ogni singola postazione di lavoro attiva.

Il vincolo da intendersi come obbligo ad adeguare i propri ritmi di lavoro alla inesorabile cadenza, al tempo ciclo della linea.

La ridotta possibilità di variazione della velocità d’esecuzione come conseguenza dei punti precedenti.

Carenti condizioni ambientali e di sicurezza (freddo, caldo, rumore, fumi, polveri, esalazioni, microinfortuni, ecc.).

L’alta frequenza di piccoli accidenti (pezzi non conformi, anomalie alle attrezzature, disfunzioni impiantistiche, ritardi, ecc.) sia sul prodotto che sulle attrezzature o sull’organizzazione logistica.

La mancanza di equità nella distribuzione delle mansioni, con manifesti privilegi individuali o errori tecnici organizzativi, frutto di calcolo politico, di incompetenza o di inadeguatezza del modello usato.

L’autoritarismo aziendale e la scarsa solidarietà tra gli addetti.

Tra tutti questi indicatori di fatica e disagio, il più significativo è il VINCOLO, consistente nell’impossibilità di variare la propria velocità di esecuzione del lavoro, non riuscire conseguentemente ad autogestirsi i propri ritmi lavorativi, e ad accumulare piccoli ritagli di tempo per i propri bisogni.

Per contenere questi effetti negativi le strade sono due, o contrattare una radicale modifica impiantistica che riduca il vincolo, oppure contrattare livelli di saturazione e regimi di pause, abbinati ad una elargizione salariale (disagio vincolo o disagio linea), che compensino, almeno in parte, i disagi e le faticosità presenti sugli impianti vincolanti, .

Obiettivo dei successivi capitoli è tentare di fare il punto sul COME sia ancora possibile controllare/contrattare il carico di lavoro degli addetti agli impianti collocabili nel concetto di “linea di montaggio” presente nell’attuale CCNL e negli Accordi Aziendali che prevedano una specifica normativa.

Più nel concreto, l’obiettivo di questa parte del manuale è rispondere ad un’esigenza che può sembrare semplice ma semplice non è, e che si può sintetizzare nel come far lavorare un gruppo di operaie/i su di uno stesso impianto, con intensità e faticosità simili, svolgendo,  nello stessa unità di tempo, mansioni diverse all’interno di comuni riferimenti contrattati che devono essere rispettati.

Definire un livello di saturazione in percentuale, riferire questo ai tempi attivi o totali e bilanciare le attività dei lavoratori, sono esigenze presenti in tutte le officine di montaggio.

L’esperienza, che sta alla base del modello che si propone, si è sviluppata in molti stabilimenti, quella che si conosce meglio è stata codificata in ambito FIAT (Meccanica Mirafiori), come conseguenza della gestione dell’accordo 5 luglio 1971 sulle saturazioni ridotte in relazione alle cadenze; è costata moltissimo in termini di lotta, soprattutto nei primi anni 70, sia per conquistare i fondamentali metodologici, che per normare il conflitto allora presente. 

L’analisi che verrà sviluppata si pone l’obiettivo di trasmettere un’esperienza collettiva che, pur se sottotono, continua anche oggi, e che ha visto e vede protagonisti i lavoratori e le RSU da un lato, i gestori ed i tecnici aziendali dall’altro.

Recuperando storicamente questo confronto, risulta ancora oggi difficile stabilire con certezza i momenti nei quali i due soggetti (lavoratori e tecnici), sono stati docenti o discenti.

Il modello proposto non è datato perché, fatta astrazione per i livelli di saturazione, è sicuramente la base di partenza per continuare il confronto con la FIAT, ed è esportabile e migliorabile in stabilimenti diversi da quelli automobilistici; oltre a questo non bisogna dimenticare che questa elaborazione è originale e non trova riscontro nella manualistica classica, dove l’architettura del bilanciamento delle attività degli addetti alle linee di montaggio è sostanzialmente assente.

Nella spiegazione dei vari passaggi saranno inseriti esempi numerici, vere e proprie esercitazioni,  che partendo da dati oggettivi, quasi sempre assunti da certificazioni aziendali, rendano accessibile e possibilmente chiaro il divenire, anche se il tutto non sarà semplice. 

Problemi di linguaggio  

Per quanto riguarda le linee di montaggio, a differenza di altre mansioni, il linguaggio cambia, arricchendosi di termini specifici che non è possibile non usare, soprattutto perché sono o indicatori e riferimenti presenti nella cronotecnica, o termini “nuovi” (bilanciamento, densità, splafonamento, ecc.), assunti per identificare problemi reali che necessitavano e necessitano di comuni chiavi di lettura tra le parti per essere normati.

In questo caso gli esempi sono di matrice FIAT e non soltanto per le ragioni più volte ricordate di opportunità e leggibilità degli allegati, ma perché non si conoscono altri modelli contrattati, formalizzati e operanti in altre realtà che raggiungano il livello di chiarezza e analiticità di questo.

Anche in questo caso però, a fronte dell’esigenza di  definire   un sistema di regole, l’architettura del bilanciamento è utilizzabile ovunque, dato che una volta sancito il livello ed i riferimenti della saturazione massima assegnabile degli addetti, il problema principale rimane come far applicare e gestire quanto stabilito in termini di saturazione.

L’insieme di queste varie fasi di contrattazione sono complesse è più volte al tavolo di trattativa, per mancanza di  linguaggio e modelli interpretativi comuni, si rischia di fare o dei pasticci ingestibili quali ad esempio, sancire le pause e negarle con i riferimenti numerici delle saturazioni, non definire chiaramente e quindi rendere inapplicabili i riferimenti dei livelli di saturazione in relazione ai tempi attivi, ai fattori di riposo ed ai tempi totali, oppure sottoscrivere, anche in buona fede, ma per colpevole ignoranza, normative che peggiorano la condizione di lavoro proprie e di chi si rappresenta (vedi esempio).

Anche la contrattazione alla FIAT non è stata e non è esente da confusioni ed errori, per dare a tutti gli interessati una base di  conoscenza minima della dinamica del confronto in quella realtà su questi temi, delle difficoltà e degli errori che abbiamo commesso e si possono commettere, ritengo utile anticipare alle spiegazioni di merito, un breve capitolo che raccolga il quadro politico di riferimento ed il divenire storico della contrattazione. 

Il concetto di linea di montaggio  

Per linea di montaggio o lavorazione in linea si intende la classica o.d.l. di origine fordista (il lavoro portato agli uomini non il suo contrario).

A prescindere dalla quantità e dall’intensità della prestazione che i lavoratori addetti sono chiamati a svolgere, questa o.d.l. è nei fatti faticosa e nociva perché vincola gli addetti e li costringe a sottostare ai ritmi delle macchine, alla cadenza preimpostata.

Se assumiamo questo (il vincolo) come indicatore principale, possiamo dire che questa condizione di lavoro invece di avviarsi ad un progressivo superamento tende nei fatti ad allargarsi, anche se assume forme nuove ed originali, perché il processo, gli impianti, la tecnologia e l’o.d.l., variamente intesi, mutano.

L’attuale regola del gioco” è quella sancita nel CCNL che identifica come linea di montaggio non le lavorazioni vincolanti, ma unicamente un impianto/i tipico degli anni 50/60 (la vecchia linea), il concetto è il seguente: 

Definizione di – Linee a trazione meccanizzata –  

Si considerano linee a trazione meccanizzata le linee di produzione di serie costituite da una successione di posti di lavoro (stazioni) su ciascuno dei quali si effettua sempre la stessa operazione tecnologica operando su una serie di gruppi di parti staccate di un prodotto finale che si spostano lungo la linea a mezzo di sistema meccanico a velocità uniforme o a scatti nelle quali la quantità di produzione giornaliera ed i tempi sono predeterminati. Il tempo a disposizione di ciascun posto per eseguire il lavoro assegnato è rigidamente costante per tutto il turno di lavoro ed è uguale alla <<cadenza>>, cioè al tempo si spostamento del prodotto da una stazione ad un’altra stazione successiva.

(C.C.N.L. Disciplina Gen. Sez. terza – art. 4) 

Questa sorta di rigida gabbia è principalmente costruita sugli aspetti meccanici e impiantistici e non sulla condizione di lavoro degli addetti. La presenza di questa definizione nel CCNL (recuperata in forma contratta dall’accordo stipulato a Roma l’8 settembre 1962 vedi) è spiegabile unicamente come esigenza padronale (FIAT innanzitutto) di rigida delimitazione di un ambito tecnologico, per evitare che le normative (pause, saturazioni ridotte, tempi più brevi per il passaggio di livello, paghe di posto), conquistate in molte contrattazioni aziendali, si ampliassero o seguissero l’evoluzione degli impianti e della o.d.l…

E’ indubbio che questa norma sia vecchia e non risponda da tempo alle nostre esigenze; se rimanesse immutata sarebbe un notevole condizionamento alla contrattazione dei Nuovi Vincoli che moltissimi impianti innovati, non solo le linee, producono.

Più giusto sarebbe far emergere, ad esempio, che il disagio, equiparabile a quello tradizionale di linea, si manifesta su tutti gli impianti dove per godere il Fattore Fisiologico, gli addetti devono essere sostituiti. 

La cadenza – Il tempo ciclo

Con questo termine si intende la velocità con la quale il prodotto, il pezzo da montare, si sposta lungo la linea da una stazione di lavoro alla successiva. La cadenza di una linea è anche identificabile come Tempo Ciclo di linea.

La formula per determinare il Tempo ciclo è la seguente:

 Durata reale del turno

   T.C. = ————————————–

Produzione impostata

Dove per – Durata reale del turno – si intende il tempo di funzionamento dell’impianto, esempio:

480′      = Turno completo di lavoro
30′        = Intervallo mensa
450′      = Durata reale turno o tempo di presenza in officina (480-30)
450       = N° pezzi – Produzione impostata
1′          = Tempo Ciclo (450/450)

 

La curva del rendimento biofisiologico del lavoro  

Nella contrattazione della prestazione di lavoro sulle linee, assumendo il peso che il vincolo ha in termini di fatica non solo fisica, alcuni accordi (es. FIAT Accordo 26 giugno 1969) prevedono una normativa originale che sancisce l’uso della Curva Biofisiologica del lavoro.

La curva, partendo da studi di fisiologia umana, sancisce che l’efficienza fisica di donne e uomini muta col passare delle ore del turno di lavoro.

All’inizio del turno il lavoratore essendo “freddo” lavora “lentamente” ed incrementa la velocità di esecuzione gradatamente; superata la fase iniziale del turno il lavoratore essendo “caldo” ma non ancora stanco, può esprimere il massimo di rendimento o velocità di esecuzione.

Esercitata per un paio d’ore la velocità massima, il lavoratore comincia a stancarsi quindi la cadenza inizia una progressiva discesa per finire, nelle ultime ore di lavoro, a livelli simili a quelli iniziali o più bassi; i volumi contrattati sono realizzati, pur in presenza di cadenze differenziate ora per ora. Sono pure previsti andamenti leggermente diversi delle cadenze in rapporto alle turnazioni esistenti.

Dinamiche di questo genere, pur se applicate in modo originale ed in un contesto più volte di informalità, sono presenti nelle aziende medie e medio-piccole, soprattutto quando la gestione della cadenza è lasciata al gruppo di lavoratori interessati.

Per quanto riguarda la FIAT, l’intero meccanismo è sempre rimasto unicamente sulla carta e mai neppure sperimentato, sia perché la sua applicazione concreta ai montaggi avrebbe significato modifiche alla o.d.l. sui cicli a monte ed a valle, che per difficoltà concrete   dei lavoratori e dei delegati ad ipotizzare un incremento del +13% della cadenza nelle ore centrali del turno. 

La cadenza media e la cadenza massima  

Con questo termini si intendono i valori medi e massimi di più cadenze impostabili o impostate nel turno di lavoro.

Questi riferimenti emergono nella contrattazione come conseguenza dell’introduzione del concetto di Curva del rendimento biofisiologico del lavoro.

Applicando una curva la cadenza non è costante ma varia, il valore medio di queste variazioni è appunto la Cadenza Media, quello massimo la Cadenza Massima.  

Gli accordi FIAT sulle saturazioni  

A prescindere dal complesso problema del controllo della Saturazione Individuale Massima in presenza di Mix produttivo, che sarà affrontata in seguito, fare errori, scrivere cose non gestibili contrattando la Saturazione, è molto facile; anche il famoso accordo FIAT del 5/08/1971 non è sfuggito a questo inconveniente. Infatti l’accordo prevede…

Parte terza – Pause, Saturazioni, Lavoro notturno

Nelle lavorazioni su linee di montaggio meccanizzate di cui alla regolamentazione allegata all’accordo 26 giugno 1969, l’indice di saturazione massima individuale nell’arco delle 8 ore non sarà superiore ai seguenti livelli:

88% per linee con tempi di cadenza superiori a 4′
87% per linee con tempi di cadenza superiori a 2′
86% per linee con tempi di cadenza di 2′ ed inferiori
84% per linee con tempi di cadenza di 1′ ed inferiori

ivi compresi gli effetti della trasformazione della pausa collettiva (10′), nella pausa individuale più lunga (40′), di cui al precedente punto 1.

In sostanza si era stabilito:

soppressione dei 10′ di fermata collettiva.
aumento del periodo di refezione da 30′ a 40′.
40′ di pausa individuale godibili tramite 2 pause individuali di 20′ date da un rimpiazzo (*); il fattore fisiologico (20′ = 4% del Tempo di presenza in Officina) veniva assorbito da questa pausa.

   I 40′ sono stati mantenuti per accordo anche dopo la riduzione della 1/2 ora (1977), e la percentuale di riferimento per i calcoli è stata sancita in 8,5 % del nuovo tempo di presenza in officina.

La logica politica sanciva che più elevata era la parcellizzazione delle mansioni e più elevata la cadenza, più bassa doveva essere la quantità di lavoro assegnata, riducendo la saturazione in presenza di vincolo, monotonia e ripetitività.

I quattro livelli di saturazione, anche se non era scritto, non potevano essere riferiti ad altro che ai Tempi Attivi perché altrimenti l’accordo non sarebbe stato gestibile.

Rapportando l’impostazione all’orario attuale, ed accorpando tutte le cose definite, si ottengono i seguenti grafici:

Tempo di presenza in officina del lavoratore =450’=100% di Sat.

Tempo totale teorico di possibile attività lavorativa dato da: Tempo di presenza meno Cambio dato dal rimpiazzo.

Il Tempo Totale Massimo (T.A.+F.R.) assegnabile in rapporto al dettato dell’accordo 1971 risulta così articolato:

SATURAZIONE 84 %   (Tempi ciclo al disotto del primo)

SATURAZIONE 86 %  (Tempi ciclo tra 1 e 2 primi)

SATURAZIONE 87 %  (Tempi ciclo tra 2 e 4 primi)

SATURAZIONE 88 %  (Tempi ciclo maggiori di 4 primi)

N.B. I Fattori di riposo, in questa fase delle verifiche, si chiamano Fattori di Riposo Limite perché ottenuti come semplice conseguenza del procedimento matematico illustrato. Questo vuol dire che se il Fattore di Riposo fosse inferiore al valore limite si applicherebbe il limite, se superiore si dovrebbe, ovviamente, applicare il valore maggiore.

I Fattori di Riposo Limite sono i seguenti:

84 % = 8,92 % (per Tempi Ciclo sotto il primo)
86 % = 6,39 % (per Tempi Ciclo tra 1′ e 2′)
87 % = 5,17 % (per Tempi Ciclo tra 2′ e 4′)
88 % = 3,97 % (per Tempi Ciclo oltre i 4′)

Detti valori scaturiscono dalle seguenti considerazioni e calcoli:

F.R. Limite Sat. 84%

e  = Saturazioni Accordo 1971

C = Minuti di pausa a scorrimento (cambio)

             450 x (1 – e) – C                450 x (1 – 0,84) – 38,25                 0,84 x 450                 33,75

Sat. 84% = ———————- * 100 = ——————————- * 100 = —————- * 100 = ——— *100 = 8,928 %

                               e x 450                                  0,84 x 450                                 378                        378

Stessi calcoli per le Saturazioni dell’ 86- 87- 88 %. 

Considerazioni

Dopo mesi di discussione e di ulteriori lotte per l’applicazione dell’accordo, riusciti a sancire i contenuti dei quattro grafici sui livelli di saturazione, abbiamo constatato che l’accordo 71 era, per la nostra realtà produttiva ed in generale:

assurdo per  le produzione con cadenze superiori ai 4′;

inapplicabile, tolto  casi particolarissimi, per la maggioranza delle produzioni  tra 2′   e 4′;

neutro sul grosso delle produzioni  tra 1′ e 2′;

sanciva finalmente una Mancata Saturazione Contrattuale solo sulle linee al disotto del primo.

La motivazione principale, abbastanza semplice e squisitamente tecnica, è legata alla dinamica dell’assegnazione dei fattori di riposo. Dato che sulle linee di montaggio si lavora in piedi e si è sempre sostanzialmente in marcia, con tronco in movimento ed a volte anche con arti in atteggiamento disagevole, le tabelle FIAT di attribuzione dei F.R. (all. n° 4) assegnano per queste mansioni un minimo del 6% (lavoro in marcia), che può passare, per movimenti più faticosi e fattori peso maggiori di 2 kg., ad un dato medio che oscilla tra 6% ed il 7-8%. 

Nel 1971 uno degli scontri con l’analisi lavoro  era incentrato sul fattore di riposo minimo da assegnare sulle linee. Per noi doveva essere il 6% (in marcia = 10% che detratto del fattore fisiologico diventava 6%) mentre per l’azienda doveva essere il 3% (lavoro in piedi = 7% che detratto del fattore fisiologico diventava 3%) dato che si era sì in movimento ma non in marcia. Il compromesso è stato il 5% dato che qualsivoglia movimento aggiuntivo (pezzi o sforzi superiori a 2 kg., passi per prelievi vari, flessioni per prelievi da contenitori, ecc.) faceva mediamente lievitare il 5% al 6% e oltre, ottenendo quindi il risultato di abbassare il tempo attivo massimo assegnabile scaturente dall’accordo 71 anche per le saturazioni dell’87%. 

Alla luce di questa considerazione oggettiva, i livelli di saturazione sanciti nell’accordo non possono essere correttamente applicati (vedere grafici precedenti), e poco importa che, in questo caso, lo svantaggio sia aziendale e non operaio.

Morale di questo fatto, e di moltissimi altri che tralascio per brevità, è quella di evitare approcci falsamente “politici” a questi temi; quando si contratta la saturazione è bene sapere cosa si tratta.

La saturazione individuale massima istantanea  

Per S.I.Max.Ist. sulle linee di montaggio, si intende la quantità massima di lavoro assegnabile ad ogni lavoratore in relazione sia alla cadenza (volume impostato), che alla specifica mansione svolta per ogni ciclo.

Senza qui ripetere quanto già detto in termini generali sulla saturazione (vedi capitolo precedente), sulle linee questa saturazione pone un duplice problema. Il primo  si riferisce al fatto che pur lavorando su di un impianto assieme ad altri, il rapporto con la mansione è sempre un fatto prima individuale che collettivo quindi, il rispetto delle regole (accordo sulla saturazione massima, diritti di informazione) deve potersi attuare/verificare partendo dal singolo lavoratore.

Il secondo problema è relativo alla possibile diversità del carico di lavoro di ognuno anche in relazione alle varianti di un tipo base di prodotto impostato sull’impianto stesso; è per questa ragione che solitamente, alla saturazione individuale massima, si aggiunge (è bene aggiungere) il termine “istantanea” che si può anche tradurre -ciclo per ciclo-.

Su molti impianti considerati linee di montaggio esiste il “problema del mix produttivo” che consiste nella coesistenza di tipi diversi o varianti/specialità di un prodotto base, con le conseguenti differenze di costi unitari a volte anche molto consistenti.

Questi fatti producono inevitabilmente delle differenze oltre che nel rapporto produzione/organico globalmente inteso, anche sulla prestazione sia dei singoli lavoratori  che dei gruppi.

Dette differenze non devono violare l’accordo sancito che può anche contenere deroghe alla Saturazione Individuale Istantanea, l’importante però è che il tutto possa essere controllato, partendo sempre dalla condizione di  lavoro del singolo addetto

Le fermate tecniche  

Per fermate tecniche o vuoti tecnici si intendono o arresti del ciclo o transito di vuoti per ripristinare condizioni di normalità funzionale.

L’esempio più semplice è quello del tradizionale sistema di verniciatura in cabina, al cambio di colore gli spruzzatori automatici e manuali devono essere puliti per svuotarli del colore precedente, per ottenere questo, la linea deve essere fermata o fatta proseguire senza pezzi affinché la condizione di normalità (nuovo colore) non sia certa.

Il problema delle fermate tecniche emerge nella contrattazione perché più volte queste fermate vengono recuperate (come se non avvenissero), incrementando la cadenza. 

La saturazione individuale media  

Affrontando il tema della saturazione degli addetti ad una linea, la prima grande differenziazione è legata ai concetti di Saturazione individuale massima istantanea assegnabile e di Saturazione media individuale o di gruppo.

La Saturazione Media di Gruppo,  sarà  concretamente trattata in un capitolo successivo, limitandoci quindi ai soli concetti, si può affermare che questi sono una sorta di larga semplificazione (per i padroni) dei problemi esistenti in sede di bilanciamento e rispetto delle regole.

La saturazione individuale media prevede la costruzione e la verifica del carico di lavoro di ogni lavoratore, non istantaneamente – ciclo per ciclo – ma globalmente, avendo come  riferimento la somma dei carichi di lavoro di un intero turno di lavoro.

Con questa impostazione è possibile ridurre fortemente i problemi che nascono dalle differenziazioni di prestazione legate al mix produttivo o ad altre ragioni, perché l’unica verifica possibile è il raffronto tra la somma delle attività assegnate (numero di minuti), l’accordo stipulato e la durata del turno di lavoro.

E’ facile intuire, e si capirà ancora meglio dopo, che una impostazione di questo tipo può portare a notevoli differenze di intensità di prestazione nel corso del turno di lavoro con punte molto al disopra dei massimali sanciti nell’accordo (saturazione individuale) e poco importa che “mediamente” il lavoratore si mantenga nei limiti stabiliti. 

La saturazione media di gruppo  

La saturazione media di gruppo si può definire “il prosieguo in negativo dell’impostazione precedente“, consiste nell’assumere come indicatore non il singolo lavoratore ma l’intero gruppo operaio, l’intero organico della linea o del gruppo di cottimo.

Le entità che si mettono a confronto sono la quantità di lavoro assegnata a tutti gli addetti ed il numero massimo di minuti teorici assegnabili per tutti i lavoratori.

Se il riferimento non è più l’attività del singolo ma l’attività di tutto il gruppo, il rischio che si corre non è soltanto più quello di consentire differenziazioni del carico di lavoro tra i vari momenti di attività del singolo ma di consentire forti differenziali di prestazione tra i diversi lavoratori costituenti il gruppo.

Oltre a questo si rischia di regalare organico o volume produttivo consentendo di aggirare tutte le difficoltà che i tecnici dell’analisi lavoro devono affrontare per bilanciare le attività tra i vari lavoratori all’interno dei massimali sanciti dalla saturazione massima assegnabile contrattata.

E’ possibile che la determinazione di un rapporto produzione/organico e la distribuzione delle attività, costruita in relazione a dati medi,  possa  risultare “matematicamente giusta” assumendo come riferimento i massimi di saturazione concordati; è però certo che si produrranno forti differenziazioni del carico di lavoro sia a livello del singolo  lavoratore (mix) che tra un lavoratore e l’altro (carente bilanciamento), con punte che splafonerebbero dai dettati dell’accordo, se si passasse a verifiche individuali anziché di gruppo.

Da questi ragionamenti risulta evidente che è sempre bene negare validità contrattuale alle saturazioni medie riferite sia ai diversi aspetti del carico di lavoro individuale che ai carichi di lavoro del gruppo operaio globalmente inteso.

Indicatori sulla condizione complessiva del gruppo operaio sono utilissimi per valutare e contrattare, ma devono essere sempre la risultanza della sommatoria di dati individuali.

Una delle ragioni di molte sviste  ed errori di chi   contratta la prestazione di lavoro ed i livelli di saturazione  nasce dell’esigenza di sancire globalmente, ed in tavoli distanti dall’officina, il livello di rendimento complessivo medio degli addetti alle varie realtà produttive.

Si è verificato più volte che sancendo il livello di saturazione in un modo poco chiaro, la formulazione finale  dell’accordo negasse contenuti validi presenti nella determinazione, dei carichi di lavoro, dei fattori di riposo, dei fattori fisiologici e soprattutto del regime delle pause.

Il risultato era l’ingestibilità dell’accordo trovato, sia da parte del C.d.F. che dell’ufficio analisi lavoro; la fine della storia era il ritorno o il mantenimento del regime degli arbitri.

Per concludere il ragionamento,  è da ritenersi poco utile farsi coinvolgere in una contrattazione astratta sul costo finale di un prodotto, che nella sua precisione non è prevedibile perché è quasi sempre la risultanza di un processo che intreccia: l’esigenza del mercato, l’o.d.l., il prodotto, la tecnologia, il livello di sfruttamento, il modello cronotecnico adottato e l’insieme dei criteri gestionali assunti.

E’ quindi inevitabile partire sempre dalla difesa del singolo lavoratore, il risultato del “rendimento” finale suo, del gruppo o dei gruppi, è possibile tentare di ipotizzarlo ma quanto sarà lo si potrà sapere unicamente a consuntivo, alla fine del percorso di applicazione dell’accordo.

Bilanciamento e Saturazione

Il controllo della saturazione individuale della prestazione è l’elemento centrale dell’azione sindacale sulle linee di montaggio.

Per effettuare questo controllo è indispensabile stabilire chiaramente le attività di tutti gli addetti per poi bilanciarle o livellarle in funzione dei riferimenti presenti nell’accordo sindacale stipulato.

Dato che questi passaggi sono poco conosciuti e sostanzialmente assenti nella contrattazione formale, ritengo quindi utile spiegarli tutti per capire COME un bilanciamento viene impostato e realizzato dai tecnici dell’ufficio analisi lavoro.

Nel tentativo di ottenere semplicità e maggiore comprensione,  integrerò lo scritto  con esemplificazioni grafiche. 

Numero minimo di operai occorrenti

Gli analisti, dopo aver ricavato un primo costo unitario conseguente alla somma di tutte le attività della linea (da Rilievo Base), impostano una formula che, a fronte di una produzione data, fornisce loro il numero minimo di operai occorrenti.

La formula è la seguente

                                                     Tempo di presenza in linea 

                   å T.A. * N° Pezzi * ————————————————–

                                                    Tempo di presenza in officina

 N.M.O. = —————————————————————————————-

                                 I * Tempo di presenza in officina

 Legenda:

å T.A.  Sommatoria di tutti i Tempi Attivi
N° Pezzi  Volume produttivo impostato/impostabile
T.P.Lin.  Tempo di presenza in linea del lavoratore
T.P.Off.  Tempo di presenza in officina del lavoratore
I  Livello  massimo  di saturazione  (%)  sui  Tempi Attivi

Per capire il divario tra gli addetti risultanti dalla formula e quelli realmente posizionati alla fine di un bilanciamento concreto, utilizzerò un esempio numerico prendendo i dati dall’all. n° 6 relativo ad un bilanciamento FIAT; detto   esempio ci servirà anche dopo come esercitazione.

Nel divenire del ragionamento, essendo questo capitolo incentrato principalmente su elementi concettuali, i riferimenti numerici reali saranno abbandonati perché superflui e troppo macchinosi per lo scopo che il capitolo si prefigge.

Trasformando la formula in dati reali ed assumendo solo alcuni riferimenti dall’all. n° 6, avremo:

 

å T.A.  22,35 min. (Costo della pura attività da Rilievo Base)
N° Pezzi  178 pezzi (Produzione richiesta/impostabile)
T.P.Lin.  411,75 min.(Presenza in officina meno Cambio)
T.P.Off.  450 min. (Tempo di presenza in officina del lavoratore)
I  87% (Saturazione massima contrattuale – linee con cadenza tra 2′ e 4′)

per cui:

                                           411,75 

                   22,35 * 178 * ————– 

                                              450              3640,14

 N.M.O. = ——————————————- = —————- = 9,29 operai

                            0,87 * 450                        391,5

Per evitare il decimale di uomo basterebbe ridurre o ampliare il volume produttivo ed il dato intero sarebbe ottenuto.

Sempre dall’allegato possiamo rilevare che gli addetti finali del bilanciamento sono 11 e non 9,29, la spiegazione di alcuni perché di questo divario è l’oggetto del capitolo.

Che cosa significa però un numero di addetti del genere?

Matematicamente tutto sembra corretto e logico, se però ci si fermasse a questa verifica, l’accordo sulle saturazioni non sarebbe rispettato.  

Graf. 1

Ipotizzando una linea di montaggio inesistente dove il prodotto fosse completamente scomponibile ed i lavoratori dei robot completamente flessibili si avrà:

Ciò significa che tutte le stazioni di lavoro sono saturate in modo uguale ed al massimo consentito. Questa saturazione non soltanto non è teorica ma è assurda perché mai concretamente realizzabile.

 

Come abbiamo già detto trattando in generale la saturazione sulle linee, un  qualsivoglia prodotto non può essere montato con fantasia ma deve seguire uno schema logico ed in più casi obbligato, e conseguentemente, la somma delle mansioni (tempi) da assegnare, non possono essere divise a piacimento ma devono seguire un metodo, una sequenza data, il ciclo.

Alcune operazioni (elementi d’analisi) per essere assegnate in relazione al variare dei volumi impostati e dell’organico posizionato, devono essere frazionate e/o accorpate in modo diverso, perché, se assegnate interamente, farebbero fuoriuscire il carico di lavoro dai massimali contrattati.  

Graf. 2

Se si distribuiscono le mansioni, mantenendo inalterati volume e organico come risultante dalla formula N.M.O., si ottengono, concettualmente, diagrammi simili a questo: 

I lavoratori della stazioni 1-3-7 splafonano dalla saturazione quindi lavorano più del consentito, mentre il contrario succede per le stazioni 2-4-6-8; ma se NON si effettuasse la verifica individualmente, il risultato medio sul gruppo (media del pollo) sarebbe corretto e coerente con il risultato della formula.

Se facciamo astrazione dalla stazione n° 5 che è l’unica che il caso ha collocato al massimo del consentito, da questa dimostrazione si evidenziano due nuovi concetti, quello della saturazione aggiuntiva (St. 1-3-7) e della mancata saturazione (St. 2-4-6-8). 

Obiettivi dell’analista sono l’eliminazione delle saturazioni aggiuntive ed il contenimento massimo delle mancate saturazioni. Il primo è un tetto non valicabile quindi facilmente ottenibile, il secondo obiettivo non è mai pienamente raggiungibile per le ragioni già accennate e relative alle logiche meccaniche, al metodo ed alla sequenza data. 

Graf. 3

Distribuendo le mansioni all’interno del tetto stabilito si ottiene un diagramma simile a questo:

Com’è rilevabile, un solo lavoratore è saturato al massimo consentito (staz. 5), tutti gli altri sono al disotto del massimale con dissaturazioni diverse ma, fatto fondamentale, per ottenere il volume impostato i lavoratori sono passati da 8 a 9, con il 9° che può risultare fortemente dissaturato in quanto su di lui confluiscono i resti delle mansioni non più assegnabili ai primi otto.

Questa situazione costringe l’analista ad aggiustamenti prima sul volume impostato e poi, con massimali nuovi, a ridistribuire le mansioni tentando di ottenere il contenimento massimo  delle mancate saturazioni. Questi laboriosi passaggi, che devono tenere conto di esigenze diverse quali produttività, conflitto, ecc., si realizzano solo con l’esperienza ed una buona dose di concreta professionalità.

I guai per l’analista non sono però finiti, perché l’equilibrio   trovato si riferisce unicamente ai Tempi Attivi Massimi Assegnabili, ai soli tempi di pura trasformazione del prodotto.

Questi tempi devono passare anche alla verifica dei Tempi Totali Massimi Assegnabili, ed entrano perciò in gioco i Fattori di Riposo che, se superano quelli che sono definiti Limite, possono vanificare gli sforzi compiuti finora dall’analista.

A questo punto, il grafico di riferimento si complica perché al muro invalicabile della Saturazione Massima sui Tempi Attivi si aggiunge quello sui Tempi Totali. 

Graf. 4

L’intervallo tra i due riferimenti è coperto dai Fattori di Riposo Limite che, come già dimostrato, sono diversi da saturazione a saturazione.

Graf. 5

Se i fattori di riposo reali assegnati ad ogni stazione non superano quelli limite, il bilanciamento sui T.A.Max. non cambia (staz. n° 1,2,3,), come pure nulla cambia se il Fattore di Riposo  Reale, pur superando quello Limite, copre l’intero intervallo tra il Tempo Attivo assegnato  e il Tempo Totale Massimo Assegnabile (St. n° 4).

Se però il Fattore di Riposo Reale non è assorbibile dalle dissaturazioni sui T.A., il carico di lavoro deve essere modificato in modo tale che la somma del T.A. più il F.R.Reale  (Tempo Totale Massimo) non superi il suo massimale di riferimento. Quando si verifica questo fatto, il bilanciamento deve essere completamente rivisto. 

Dopo le modifiche sui T.A., graficamente la situazione limite è questa: 

Graf. 6

Sintesi di tutti gli indicatori presenti.

Passaggio dalle verifiche sui Tempi Attivi (Saturazione Massima sui T.A.) alle verifiche sui Tempi Totali (Saturazione Massima sui T.T.) tenendo conto dei Fattori di Riposo sia limite che reali).

Graf. 7

In conclusione, i riferimenti alle saturazioni in un bilanciamento corretto deve avere, graficamente,  le seguenti caratteristiche: 

I Tempi attivi non superano i massimali stabiliti in tutte le stazioni

I Fattori di Riposo rimangono nell’intervallo dei Fattori di Riposo Limite, Staz. n° 1-2-4-5-6-7-8-9

I Fattori di Riposo Reali possono superare quello Limite, ma la somma dei T.A. più i F.R.Reali non superano il Tempo Totale Massimo assegnabile individualmente (staz. n° 3).

Le parti in giallo sono le oggettive e difficilmente eliminabili – mancate saturazioni per imperfetto bilanciamento.

Illustrate le logiche del bilanciamento e delle Saturazioni massime, possiamo cimentarci con un esempio reale completo in tutte le sue parti. 

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