introduzione

La nuova maggioranza Craxi-Andreotti-Forlani. Mirafiori si ridimensiona. Fiat acquisisce Alfa Romeo

L’esito della vertenza dei 35 giorni chiudeva inevitabilmente una fase delle relazioni industriali in Fiat e nel paese. Contemporaneamente si affermò una nuova maggioranza governativa, il cosiddetto CAF (Craxi – Andreotti – Forlani), che basò buona parte del suo consenso sull’espansione illimitata della spesa pubblica.

I mutati rapporti di forza, le trasformazioni organizzative e sociali della fabbrica, contribuirono a mettere nell’ombra i lavoratori dell’industria e i loro sindacati, mentre nuove ideologie teorizzavano la progressiva scomparsa della classe operaia, che del resto diminuiva quantitativamente. Per Torino iniziava un periodo tormentato, contrassegnato da processi di deindustrializzazione e, secondo molti commentatori, dalla decadenza economica e sociale della città, in cui i sindacati stentavano a ritrovare un rapporto con i lavoratori della Fiat. Dal punto di vista occupazionale Mirafiori passò dai 57.700 dipendenti del 1980 ai 36.00 del 1988.

Il Coordinamento dei Cassaintegrati

Il gran numero di militanti sindacali sospesi in Cassa integrazione aveva dato origine a un nuovo soggetto sindacale, il Coordinamento Lavoratori Fiat in Cassa Integrazione, che per tutto il periodo in cui durò la Cassa integrazione pose in essere un’iniziativa continua di presenza e mobilitazione dei lavoratori sospesi. Questa struttura dimostrò che riusciva a mobilitare migliaia di lavoratori in cassa integrazione nelle diverse manifestazioni e iniziative che organizzò nella città di Torino dal 1981 al 1986.

La restaurazione aziendale dopo il 1980 completò il cambiamento del sistema di relazioni sindacali in Fiat; il ripristino della disciplina aziendale fu accompagnato da licenziamenti di rappresaglia che contribuirono ad alimentare la paura di perdere il posto di lavoro. Inoltre è necessario ricordare che ci furono circa 580 denunce nei confronti di militanti sindacali, in seguito alla vertenza dei 35 giorni, con accuse molto generiche, consistenti in un “atteggiamento obiettivamente minaccioso” avuto davanti ai cancelli degli stabilimenti. Alla fine i processi si conclusero per effetto dell’amnistia che intervenne successivamente, ma alcuni delegati sindacali furono licenziati.

La crisi di mercato costrinse la Fiat a utilizzare anche la Cassa integrazione settimanale per ridurre la produzione. Del resto i processi di ristrutturazione comportarono, nella prima metà degli anni ottanta, il drastico ridimensionamento occupazionale del settore auto, che passò da 139.000 a 75.000 dipendenti dal 1980 al 1986 (-64.000).

Innovazione tecnologica e automazione

Sul piano tecnico organizzativo la Fiat avviò un processo di ammodernamento e recupero della produttività: l’innovazione tecnologica e soprattutto l’automazione divennero le linee guida dei processi di ristrutturazione. Prevaleva in Fiat una concezione negativa del fattore umano, considerato come una variabile imprevedibile e sostanzialmente inaffidabile, da ridurre progressivamente sul piano quantitativo.

In sintesi la strategia della Fiat prevedeva l’automazione spinta sul piano produttivo; mentre sul piano sociale negava la necessità della contrattazione collettiva nei luoghi di lavoro e affermava il concetto di un rapporto individuale azienda – lavoratore: questa politica si basava su aspetti salariali con l’estensione anche agli operai di produzione delle erogazioni unilaterali, le cosiddette una-tantum; mentre in precedenza era una politica che riguardava solamente gli impiegati e gli operai qualificati. A questo si aggiunsero delle iniziative più sofisticate con l’avvio, già dal 1981, delle prime esperienze di “gare di qualità” e di “circoli di qualità”, che coinvolsero progressivamente alcune migliaia di lavoratori.

La nuova razionalità tecnica fu più evidente con l’avvio del nuovo modello, la Uno, lanciata ufficialmente il 19 gennaio 1983 a Cape Canaveral, proprio per dare l’immagine dell’innovazione tecnologica che stava alla base della produzione della nuova vettura. Il lancio della nuova vettura coincise con il superamento del periodo di stagnazione economica, che era iniziato negli anni settanta, mentre si avviava una nuova fase di sviluppo, favorita dalla contrazione dei prezzi petroliferi e dalla ripresa internazionale. Il successo di questa vettura (resterà in produzione fino al 1995) consentì alla Fiat di uscire dalla situazione di crisi economica, inaugurando un periodo che, dal 1984 al 1989, garantirà all’azienda dei risultati economici straordinari.

Il rinnovo del contratto e il lodo Scotti

Il confronto per il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici durò più di un anno, dato che la piattaforma rivendicativa fu varata il 6 aprile 1982. Le trattative si bloccarono immediatamente per le pregiudiziali di Federmeccanica e Confindustria, mentre era già stato aperto il contenzioso rispetto alla mancata applicazione delle riduzioni d’orario stabilite nel precedente rinnovo contrattuale. Il 23 gennaio 1983 fu raggiunta una prima intesa tra Governo, Confindustria e Federazione Cgil Cisl Uil, con un lodo del Ministro del lavoro. L’intesa prevedeva la diminuzione del 15% della contingenza e stabiliva alcuni vincoli e regole per il rinnovo dei Contratti nazionali di lavoro, oltre che dei vantaggi fiscali per i lavoratori. Tuttavia, per la rigidità di Federmeccanica, il rinnovo del Contratto fu raggiunto solamente il 1° settembre 1983, dopo tre scioperi generali e 200 ore di sciopero, a cui i lavoratori Fiat avevano partecipato parzialmente. L’accordo di rinnovo prevedeva una una-tantum a titolo di arretrato e 96.000 lire medie di aumento mensile dei minimi retributivi; questo aumento fu distribuito applicando i parametri categoriali 100 – 200. Sul versante dell’orario di lavoro furono concordati 5 giorni annui di riduzione d’orario (ridotti della metà per i turnisti), mentre venivano introdotte le cosiddette “quote esenti” di straordinario (quote di straordinario esenti da informazioni e da accordo preventivo con le R.S.A.); a tutto questo si aggiungeva però il blocco della contrattazione aziendale per 18 mesi.

La scala mobile e la fine dell’unità sindacale

Uno dei motivi del prolungarsi della trattativa sui rinnovi contrattuali derivava dalla pregiudiziale della Confindustria sulla scala mobile e sulla necessità di ridurre il costo del lavoro. Nei fatti, subito dopo la firma del Contratto, ripartì l’offensiva confindustriale e lo stesso sindacato confederale assunse posizioni diverse. Con il decreto di San Valentino (14 febbraio 1984), che bloccava alcuni punti di contingenza, terminava anche l’esperienza del patto federativo confederale e dell’unità sindacale della Flm; ciascuna organizzazione “ritornava a casa” riassumendo le proprie sigle originali. Si avviava nei fatti una nuova fase sindacale caratterizzata da una competizione tra i sindacati e dalla fine della rappresentanza sindacale basata sui Consigli di fabbrica, che era un organismo funzionale all’unità sindacale. Per quanto riguardò il decreto di San Valentino, la vicenda fu chiusa dall’esito del referendum, promosso dal Pci, che si tenne il 10 giugno 1985 e che respinse l’ipotesi di ripristinare i punti di contingenza bloccati. Il successivo accordo interconfederale del 18 dicembre 1985 stabilì la semestralizzazione e la differenziazione per categorie della contingenza, accompagnando le misure con interventi d’attenuazione del carico fiscale per i lavoratori.

A causa del confronto a livello confederale sul tema del costo del lavoro e della contingenza, la trattativa per il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro del 1986 ebbe un naturale slittamento; tuttavia una volta raggiunto l’accordo interconfederale sulla semestralizzazione della contingenza la discussione preparatoria della piattaforma si sviluppò rapidamente: fu sottoposta a referendum il 12 giugno 1986, le trattative iniziarono a settembre e il 18 gennaio 1987 venne firmato l’accordo, dopo 36 ore di sciopero, in cui vi fu una ripresa della partecipazione dei lavoratori Fiat, almeno nei primi scioperi. Il fatto nuovo furono i referendum di “andata” e di “ritorno” che approvarono prima la piattaforma e successivamente l’accordo di rinnovo, con una partecipazione superiore al 70% dei lavoratori Fiat.

Per quanto riguarda i contenuti, l’accordo stabilì una una-tantum, un aumento medio delle retribuzioni contrattuali di 110.000 lire, parametrate 100 – 200; ulteriori 16 ore annue di riduzione d’orario; nuovi diritti d’informazione nei casi d’introduzione di nuove tecnologie per le aziende maggiori e altri aspetti di carattere normativo.

L’acquisizione dell’Alfa Romeo

Nel 1987 l’acquisizione dell’Alfa Romeo da parte della Fiat avvenne per sbarrare la strada all’offerta presentata dalla Ford, quindi per evitare la presenza di un pericoloso concorrente sul territorio nazionale. La competizione tra Fiat e Ford divise i sindacati e le sinistre sulla valutazione di quale fosse la scelta migliore: alla fine vinse la Fiat, ma ancora oggi permangono dubbi sulla bontà e sulla trasparenza economica di questa acquisizione. In ogni modo, dal 1° gennaio 1987 l’Alfa Romeo passò sotto il controllo della Fiat che costituì la società Alfa Lancia, accorpando all’Alfa gli stabilimenti Lancia, con un organico complessivo di circa 46.000 addetti, di cui 36.000 circa ex Alfa.

La vertenza del 1988 e l’accordo separato

All’inizio del 1988 avvengono due fatti rilevanti: il 19 gennaio la Fiat dichiara decaduti i membri di Commissione Interna ancora esistenti; inoltre, dopo molti anni si procede a una consistente rielezione dei delegati sindacali. In particolare, nel settore Auto, la Fiom raccoglie la maggioranza relativa dei voti dei lavoratori, a fronte una partecipazione al voto che si colloca oltre il 90%. In queste elezioni veniva applicato un nuovo regolamento che prevedeva collegi elettorali fondati su grandi aree di lavoratori, con il recupero quindi di una certa proporzionalità degli eletti rispetto al voto, anche se il nuovo regolamento prevedeva la nomina da parte dei sindacati di un terzo della nuova rappresentanza sindacale.

La rielezione dei rappresentanti sindacali era propedeutica alla presentazione della vertenza di Gruppo che ebbe un andamento molto controverso e si concluse con un accordo separato, non firmato dalla Fiom.

Alla fine del 1988 il “divorzio” dell’amministratore delegato di Fiat Auto, Vittorio Ghidella, dall’azienda ebbe una risonanza internazionale, mettendo in luce uno scontro di potere interno tra Romiti e Ghidella, risolto con l’allontanamento di quest’ultimo. In realtà oltre a uno scontro di potere vi erano differenti visioni della strategia su cui organizzare il Gruppo: Ghidella manifestava una forte propensione a concentrare le risorse finanziarie sul settore degli autoveicoli, tuttavia questa strategia “autocentrica” non era condivisa dallo stesso Agnelli, che preferiva una Fiat più diversificata negli investimenti e nei settori di attività. Ciò segnò il destino di Vittorio Ghidella e “caddero in disgrazia” tutti i manager che a suo tempo si erano schierati con Ghidella, con profonde conseguenze negative per quanto riguardava la capacità aziendale di rispettare i piani di rinnovo della gamma di prodotto.

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