Commento all’accordo del 18 dicembre 1990

Una forte innovazione rappresentava invece l’accordo del 18 dicembre 1990, che stabiliva l’insediamento di due nuovi stabilimenti al Sud, a Pratola Serra (Avellino) per la produzione di motopropulsori e a Melfi (Potenza) per il montaggio di vetture. I lavori di costruzione inizieranno nel maggio dell’anno successivo.

Questo accordo produsse alcuni contrasti all’interno delle organizzazioni sindacali poiché prevedeva già un regime d’orario su 18 turni settimanali per la produzione e 21 turni per la manutenzione, a cui doveva corrispondere un volume produttivo di 1.800 vetture e 3.600 motori al giorno. Era evidente il rischio che gli elevati volumi produttivi, connessi con il nuovo regime d’orario, significassero una riduzione delle attività produttive degli stabilimenti esistenti al Nord, anche se i massimi dirigenti della Fiat si affrettarono a garantire pubblicamente che i nuovi insediamenti meridionali erano aggiuntivi e non sostitutivi di quelli già esistenti. A ciò si dovevano sommare eventuali effetti imitativi relativi all’estensione del nuovo sistema di turnazione negli stabilimenti più tradizionali, cosa che avvenne puntualmente, come dimostrò il successivo accordo della Fiat Avio di Brindisi del 10 dicembre 1992. Tuttavia in quella circostanza le organizzazioni sindacali avevano sottoscritto l’accordo in presenza di ambigue dichiarazioni aziendali sull’eventualità che i nuovi insediamenti potessero essere realizzati in altri paesi europei (Spagna o Portogallo), se non vi fosse stata la disponibilità sindacale a un elevato utilizzo degli impianti. Ciò poneva i sindacati in una situazione difficile che non consentiva di sottilizzare troppo sugli effetti dei nuovi investimenti. Un ulteriore particolare significativo fu quello connesso agli assetti sociali dei due stabilimenti, che formalmente non facevano parte di Fiat Auto, ma costituivano due società a se stanti: S.A.T.A. (Società Automobilistica Tecnologie Avanzate) per Melfi e F.M.A. (Fabbrica Motori Automobilistici) per Pratola Serra; tra l’altro un modo per evitare l’applicazione degli accordi sindacali del Gruppo Fiat in questi nuovi siti industriali.

In ogni modo i nuovi insediamenti produttivi comportarono una mole notevole di investimenti, quantificabili in 2.840 miliardi nello stabilimento di Melfi e 2.263 miliardi in quello di Pratola Serra, nel periodo che va dal 1992 al 1997. Con questi investimenti la Fiat imprimeva un nuovo corso alla produzione automobilistica con effetti che cambieranno gli assetti complessivi di Fiat Auto: infatti, i timori dei sindacati erano giustificati, poiché Fiat Auto procedette, nel 1992, alla riduzione della capacità produttiva al Nord, con la chiusura degli stabilimenti di Desio e Chivasso; del resto l’autorizzazione da parte della Comunità Europea alle cospicue sovvenzioni pubbliche sui nuovi insediamenti industriali (circa 3.100 miliardi di lire) era subordinata alla sostanziale invarianza della capacità produttiva complessiva di Fiat Auto. La modifica degli assetti produttivi in Europa di Fiat Auto veniva completata con l’acquisizione, sempre nel 1992, della FSM polacca, che comportò un investimento complessivo di 2.400 miliardi di lire.

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